Quando ci si accosta alla poesia di Dino Campana, assaporandone i contenuti, è facile accorgersi di trovarsi alla presenza di una personalità di grosso spessore, che denuncia i segni di una mente non tranquilla e di una necessità di viaggiare, con la stessa, al di là dei confini dell’arcobaleno. Il poeta toscano esibisce una poesia nuova nella quale possiamo notare intriganti situazioni, spesso di difficile interpretazione, e riflessioni nelle quali rimaniamo coinvolti. Campana cavalca ritmi che richiamano la distrazione, la vertigine, la rivolta che annichilisce non soltanto il creatore di versi e di sospensioni, ma anche il lettore più attento e sensibile. Egli compie tentativi di emergere dalla nebbia, di trovare terreni solidi e accoglienti, di arrampicarsi per raggiungere vette da cui esplorare un panorama di limpidezza soffusa e di orizzonti lontani. È fondamentale per Campana l’esigenza del viaggio, come si era verificato nella poetica e nella vita dei poeti maledetti francesi. E nella descrizione del viaggio emerge pure quel filo sottile che separa i sogni dalla realtà. Ma qual è la realtà campaniana? Visione o visitazione?
Gilberto Antonioli, giornalista-pubblicista è nato e vive a Verona. Ha studiato musica e praticato molti sport. Ha conseguito sette lauree e alcuni diplomi. Ha sempre scritto fin dall’età del ginnasio. Come giornalista ha collaborato con diverse testate. Si è affermato in molti concorsi letterari. È Cavaliere della Repubblica, Accademico dei Micenei, dei Greci-Marino, di Trinacria. Ha pubblicato numerosi volumi di poesia, due CD con suoi componimenti e alcuni saggi letterari.
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