“Tra Zola e Verga, tra Zola e lo stesso Capuana… ci sono differenze profonde. Ma intanto, anche per dare una immagine dell’ambiente culturale in cui si formò il giovane Verga, conviene riferire dello studio di Carmelo Musumarra sulla Vigilia della narrativa verghiana: uno studio straordinariamente ricco di notizie, di indicazioni. E ci dice, innanzi tutto, che non per difetto di comunicazione, di scambio, come il Gentile sembra credere, il romanticismo non ha avuto in Sicilia efficace espansione. C’è stata al contrario una vastissima diffusione e imitazione della produzione romantica: ma in superficie e senza drammatiche opposizioni alla tradizione classicista e antispiritualistica. Il romanticismo non faceva novità se non esteriormente: restando scontato nella tradizione classicista siciliana il messaggio di rivendicazione ed affermazione dei diritti individuali, l’esortazione alle istorie, la ricerca delle sotterranee e spontanee vene culturali della nazionalità… Il Gentile dice che la cultura siciliana “nascendo dal ripiegarsi dell’anima siciliana su sé medesima, doveva essere condotta sino allo studio delle tradizioni popolari, centro e insieme riflesso di tutta la storia dell’isola, e fermarvisi”; osservazione piuttosto acuta… ma giustamente il Musumarra osserva che lo studio delle tradizioni popolari “servì a rinvigorire quella tendenza all’osservazione del vero che… aveva tante ragioni di avviarsi verso forme più concrete”, e dunque non si ferma lì, ma diventerà strumento di espressione, espressione stessa, viva concreta forma dell’arte… In questa narrativa pre-verghiana… c’è il dispiegarsi di quella che potremmo chiamare la topografia verghiana e derobertiana: Aci Trezza, il convento dei Benedettini, Vizzini”.
Leonardo Sciascia
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